Innanzitutto ringraziamo dell’invito che ci dà l’opportunità di esporre, anche in questa sede, alcune osservazioni e proposte che la nostra Associazione ha già avuto modo di presentare nelle due riunioni collegiali del 24/03 e del 27/05/2016 indette dall’Assessorato competente (Agricoltura, Caccia e Pesca) alle quali abbiamo partecipato.

Abbiamo poi letto con attenzione i due Progetti di Legge ed in particolare quello di iniziativa della Giunta regionale ed in tutta sincerità crediamo che per la Regione Emilia-Romagna sia stata un’occasione persa.

Cerco di spiegarmi anche se, per motivi di tempo, in maniera sintetica.

Nell’incontro presso l’Assessorato del 24/03 u.s. abbiamo evidenziato all’Assessore Simona Caselli la necessità che la Regione si coordinasse nella revisione della legge regionale con lo Stato in quanto anche la Legge nazionale 752/1985 è, a sua volta, in corso di modifica.
A tal fine auspicavamo la costituzione di un tavolo tecnico regionale che ci potesse rappresentare nel tavolo tecnico nazionale che ci risulta nel frattempo sia stato costituito, tant’è che mercoledì prossimo (27/07), il Dipartimento di competenza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha convocato una riunione di lavoro nella quale, tra l’altro, verrà discusso il DDL (Testo unificato) sulle modifiche della L. 752/1985, invitando appunto i rappresentanti delle Regioni.

E’ in quella sede che la Regione Emilia-Romagna avrebbe potuto portare le proprie istanze su una “rivisitazione concettuale” (e non solo amministrativa) della L.R. 24/1991.
Avrebbe potuto legiferare sulla “tartuficoltura” così come espressamente indicato anche dal citato Testo unificato del 18/05/2016 nel quale il testo modificato del primo comma dell’art. 1 della L 752/1985 recita:
Le regioni………………provvedono a disciplinare con propria legge, nel rispetto dei principi fondamentali e dei criteri stabiliti dalla presente legge, la ricerca, la raccolta, la coltivazione e la commercializzazione dei tartufi freschi o conservati………………………………..

Ciò detto, come Associazione di tartuficoltori ribadiamo con forza quello che abbiamo già sostenuto, con motivazioni tecniche, nelle sedi opportune e cioè in sintesi:

La Regione Emilia-Romagna, a differenza della contermine Regione Marche, non ha inteso coordinare la normativa di settore con quella forestale (cfr. Piano Forestale Regionale 2014-2020 in corso di approvazione).

Era un’ottima occasione per introdurre nella L.R. modificativa della L.R. 24/1991 due questioni ritenute da TeA pregiudiziali (per la loro importanza):

1] il riconoscimento della “tartuficoltura” come attività agricola specializzata;

2] l’inadeguatezza dell’aver assimilato le “tartufaie coltivate” agli impianti di arboricoltura da legno così come definiti dall’art. 2, comma 5^ del D.lgs. n. 227 del 18/05/2001.

Ci è stato detto (nella riunione con l’Assessorato del 24/03/2016) che riguardo al primo punto la Regione Emilia-Romagna non può legiferare in quanto ciò non è espressamente previsto a livello europeo e nazionale.

Ci si domanda allora perché nella Regione Marche la L.R. N. 5 del 03/04/2013 all’art. 1 dice espressamente che la tartuficoltura è attività agricola.

Ancora riguardo poi al secondo punto, sempre la Regione Marche, con la L.R. N. 6 del 23/02/2005 ha legiferato riguardo a cosa si debba intendere per “bosco” o ancora meglio cosa NON si debba intendere per “bosco” e precisamente: i parchi urbani, i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualità di coltura, gli impianti di frutticoltura e di arboricoltura da legno, le tartufaie coltivate, i vivai e gli orti botanici.

Ecco perché TeA ritiene che la “tartuficoltura” non debba essere assoggettata alle rigide norme delle Prescrizioni di massima e di Polizia Forestale, in quanto coltivazione agraria specializzata e pertanto sotto il profilo tecnico-agronomico, alla stregua della castanicoltura da frutto, della frutticoltura e della olivicoltura.

Era l’occasione buona per introdurre nelle modifiche della L.R. 24/1991 questi due semplici concetti rivolti ad un settore che purtroppo nella nostra Regione è ancora visto come una “nicchia” relegata ad un “limbo legislativo” che non aiuta certamente in chiarezza e trasparenza per una attività che invece sarebbe in grado di migliorare i boschi degradati del nostro Appennino, favorirne il ringiovanimento e quindi, di conseguenza, limitare anche i danni idrogeologici e l’invecchiamento favorendo la permanenza su questi territori fragili di forze lavoro agricole e l’insediamento sia sui territori collinari e montani, ma anche nella pianura, di giovani che potrebbero trovare nella “tartuficoltura” motivo di grande interesse e non solo economico, per l’importanza ambientale di detta attività.

Vorrei poi concludere questo intervento con una legittima lamentela.

Riguardo alla Consulta per la tutela e la valorizzazione del tartufo (Art. 29 “Sostituzione dell’art. 30 della legge regionale n. 24 del 1991) non possiamo assolutamente accettare l’esclusione delle Associazioni dei tartuficoltori maggiormente rappresentative a livello regionale fra i componenti indicati nel testo del Progetto di iniziativa della Giunta.

Tale dimenticanza ci è stata giustificata formalmente dicendoci che il “mondo dei tartuficoltori” deve trovare una propria degna rappresentatività all’interno delle Associazioni degli agricoltori e che dovranno essere queste ultime a dover preferibilmente esprimere dei tartuficoltori come loro rappresentanti in sede di Consulta per la tutela e la valorizzazione del tartufo.

Questa opinione espressa dall’Assessorato non ci convince in quanto, a nostro modesto avviso, sottende ancora una non chiarezza su questo settore produttivo. Da una parte ci si dice che dobbiamo ricercare la nostra rappresentatività all’interno delle Associazioni degli agricoltori e dall’altro, la Regione Emilia-Romagna non intende, anche nel testo legislativo di cui oggi stiamo parlando, affermare con chiarezza, decisione e una volta per tutte – come ha già fatto la Regione Marche – che la tartuficoltura è una attività agricola specializzata.
Per questo preciso motivo TeA, a nome anche delle altre Associazioni dei Tartuficoltori presenti sul territorio regionale ed associate a FITA (Federazione Italiana Tartuficoltori Associati) chiede a gran voce una propria rappresentanza in seno alla Consulta.

Ringraziamo per l’attenzione e siamo fiduciosi che queste nostre istanze vengano attentamente valutate e considerate.

BOLOGNA, 21/07/2016

IL PRESIDENTE: IL CONSIGLIERE DELEGATO:
(Dott. Lucio Pierantoni) (Dottore Agronomo Maurizio Pirazzoli)